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Il lusso e l’inimmaginabile: il bisso marino

Il lusso e l’inimmaginabile: il bisso marino
Febbraio 2018 SR Traduzioni

Mi interrogo spesso su cosa sia il lusso e su come ognuno di noi gli attribuisca significati e valenze diverse. Ho sempre ritenuto che il lusso andasse oltre l’aspetto materiale, che fosse sinonimo di tempo, spazio e silenzio. A questo mio pensiero, che trova riscontro nelle teorie dell’intellettuale H. M. Enzensberger (vedi articolo Reminiscenze del superfluo, Der Spiegel dicembre 1996), aggiungo che il lusso è anche l’inimmaginabile e l’inacquistabile.

(Per approfondire le tematiche legate al lusso e alla traduzione in questo segmento ho creato il seminario “Tradurre il lusso. Teoria e pratica di un sogno”, brochure qui).

Tessuto in bisso marino

Riflettendo sulla moda, mi è difficile trovare qualcosa di non acquistabile: è solo questione di prezzo, ma tutto viene prodotto con lo scopo di diventare accessibile al consumatore. Tranne una cosa. Un tessuto, per la precisione. Un tessuto che ho scoperto qualche anno fa e che mi è subito venuto alla mente pensando all’inimmaginabile e all’inacquistabile: il bisso marino.

Fibre di bisso marino

In realtà, il bisso marino (detto anche “seta del mare”, da non confondere con il bisso, termine usato per indicare un tessuto di garza di lino) è più di un tessuto: non si vende e non si compra, è una fibra di origine animale donata dalla Pinna Nobilis e poi cardata e tessuta. Con il fuso e il canto nasce il filo, più sottile di un capello ma mille volte più resistente, che affonda le proprie origini nella Mesopotamia di circa diecimila anni fa. Con il bisso venivano create le vesti dei faraoni, e le Sacre Scritture citano più volte questo prezioso tessuto che vestiva re e sommi sacerdoti, parlando anche delle Donne Acqua, che tramandarono oralmente i formulari segreti della sua lavorazione, difendendoli a costo della vita. Si dice che la cintura del saio di S. Francesco fosse realizzata proprio con questo “filo dell’acqua”. La sapiente arte del bisso fu portata in Sardegna dalla principessa Berenice di Cilicia che, in esilio a Sant’Antioco per essersi innamorata dell’imperatore romano Tito, insegnò come si tesse la seta del mare.

Chiara Vigo, Maestro di bisso marino

Quella della lavorazione del bisso è un’arte sacra che ha bisogno di tempo e silenzio (per realizzare un’opera ci vogliono dai due ai cinque anni). E chi la lavora viene detto Maestro. E ormai, di Maestri, ne è rimasto soltanto uno: Chiara Vigo. Custode di un’arte millenaria e ultima superstite che intesse il bisso, Chiara spiega: “Non sono un artigiano […] Non sono un artista […] Sono un Maestro”, in sardo Su Maistu, al maschile. Chiara vive a Sant’Antioco, in Sardegna, dove ha dedicato la sua vita alla tessitura del bisso, da cui non trae alcun profitto dato che “le opere in seta del mare possono solo essere donate o ricevute [divenendo Patrimonio dell’Umanità]. Un Maestro di bisso vive di offerte”, come si legge sul suo sito.

Ingresso del Museo del bisso a Sant'Antioco

Candidata a Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO, Chiara ha voluto raccogliere la sua eredità e le sue opere (tra cui il simbolico Leone delle Donne, rappresentato nell’immagine sopra) fondando il Museo del Bisso, “una stanza dove non si corre”, come l’ha definito lei stessa, dove si raccontano la storia e la lavorazione di questo pregiatissimo tessuto (molte altre opere sono state donate a 54 musei del mondo, tra cui il Louvre e il British Museum). Per diffondere la conoscenza dell’universo arcaico e misterioso che circonda il bisso e tenere viva la memoria sul filo che, da trenta generazioni, lega Su Maistu al mare attraverso il cosiddetto Giuramento dell’acqua, è stato realizzato il bellissimo docufilm Il filo dell’acqua. Il segreto del bisso marino, per la regia di Rossana Cingolani (trailer qui).

Locandina del docufilm su Chiara Vigo

Per conoscere meglio l’ultima depositaria di quest’arte antichissima che non ha prezzo, vi consiglio anche l’intervista che trovate sotto, in cui Chiara Vigo parla di sé e del filo d’oro che viene dal mare, regalando una bellissima dimostrazione di tessitura del bisso (alla fine del filmato, quindi guardatelo fino in fondo!).

 

“Non devo vendere niente. Io conservo per chi verrà quello che già era”

C. Vigo

Per approfondire:

Chiara Vigo. L’ultimo Maestro di bisso, di S. Lavazza, Delfino Carlo Editore

Il bisso. Una fibra misteriosa tra storia e letteratura, di E. Delehaye, Delfino Carlo Editore

www.chiaravigo.it

 

Sara Radaelli

Comments (6)

  1. Sylvie 6 anni fa

    Stupendo, come sempre Sara. Un articolo estremamente interessante e pieno di poesia, di vita, come tutto quello che ci fai scoprire. Il lusso delle emozioni. Uno di quelli che non è acquistabile e che tutti si possono (si dovrebbero) permettere.

    • Autore
      SR Traduzioni 6 anni fa

      Ciao Sylvie,
      ti ringrazio, sono contenta che questa scoperta ti abbia emozionato come emoziona me! È fondamentale sapere che al mondo non tutto ha un prezzo…
      A presto leggerti ancora!
      Sara

  2. Davide Piga 2 anni fa

    Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente “il maestro ” una settimana fa’ una persona disponibile, molto determinata.
    Ho assistito alla trasformazione di un piccolo filo della lunghezza di 20 cm max. ci è voluta un ora… La particolarità è stata, oltre la maestria e la manualità l’impiego della sua voce per la lavorazione del bisso….. A parole non si riesce a spiegare.. andate a trovarla.

    • Autore
      SR Traduzioni 2 anni fa

      Buongiorno Davide,
      immagino che dal vivo debba essere un’esperienza davvero indicibile. Ottimo consiglio!
      Grazie per il tuo commento!
      Sara

  3. Giorgio Frau 2 anni fa

    La regione Sardegna e L’ università di Cagliari dovrebbero finanziare e istituire una cattedra sul Bisso con a capo Maista Vigo, per la salvaguardia dell’ Arte, patrimonio della umanità, come si fece per le Launeddas
    Altro che ‘sa die de sa memoria’, questa è la memoria del popolo sardo gf

    • Autore
      SR Traduzioni 2 anni fa

      Buongiorno Giorgio,
      verissimo, anche questo è la memoria del popolo sardo, e come tale andrebbe riconosciuto, rispettato e valorizzato.
      Grazie per il suo commento,
      Sara

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