“Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono, l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni.” Da Il sogno di A. Strindberg, cit. dal film Fanny e Alexander di I. Bergman
Puella è molto più di un semplice marchio. È un progetto artistico e di vita nato nel 2001 dalla mente e dalle mani di Barbara Barbantini. “Non mi definisco un’artista, né un’artigiana, né una designer o una stilista. Le definizioni sono come gabbie. Preferisco utilizzare il termine francese créateur: nel creare è racchiusa la dimensione autentica del dare vita, per raccontarsi e rispecchiarsi.”

Barbara Barbantini, fondatrice di Puella
L’universo di Puella è un universo molto personale, legato a filo doppio alla sua creatrice che, con pazienza e meticolosità, è riuscita a materializzare i suoi sogni, le sue ossessioni, il suo vissuto in una trama assolutamente unica e sempre fedele a se stessa. In Puella si intrecciano il suo passato di artista (fotografia e videoinstallazioni, per cui inventava veri e propri set di cui sceglieva personalmente tappezzerie, arredi, accessori), la formazione di bottega nella sartoria della madre, il bagaglio culturale costruito a partire dall’adolescenza. Un progetto in divenire, insomma, una riflessione-introspezione sulla femminilità che non ha ancora finito di svilupparsi e che cresce con lei. “Questo è un momento di transizione”, rivela, “in cui mi sto dedicando alla riflessione, alla raccolta, a dare forma ai miei archivi, a tirare le fila del lavoro passato per dedicarmi con maggiore chiarezza al futuro”, in cui la attendono progetti interessanti.

Una creazione Puella
Una femminilità tra le pieghe
Guardando i lavori di Puella – dai gioielli agli abiti-poesie ricamati a mano (vedi sotto) -, la mia mente ha avuto un flash che mi ha riportato all’atmosfera della mostra di Antonio Marras “Nulla dies sine linea” (trovate la mia recensione qui). Epurato da tutta la parte più “sarda” del lavoro artistico di Marras, l’immaginario di Barbara mi ha trasmesso la stessa atmosfera crepuscolare e quasi inquietante. In Puella, però, i rimandi culturali sono diversi: si ritrovano David Lynch, le ragazze di Picnic a Hanging Rock (film di Peter Weir del 1975, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice australiana Joan Lindsay), le bellissime illustrazioni vittoriane dell’Alice di Carroll, la femminilità apparentemente ingenua della Lolita di Nabokov, quella sorta di lecita morbosità che pervade il collezionismo d’insetti e di farfalle in voga nell’Ottocento, la poesia di Emily Dickinson, la bellezza non convenzionale di Jane Eyre. È una ricerca della femminilità che parte da archetipi che le appartengono per sfociare in un discorso più personale e, per questo, forse più universale: è una femminilità in cui si scorgono delle ombre, non ancora sbocciata, non ancora in atto, ancora immatura e, quindi, carica di mistero. Ma il desiderio, per non essere banalizzato, non deve essere spiegato, solo custodito.

Un abito-poesia Puella
Un intreccio tra moda e arte visiva
Puella riassume in sé le potenzialità dell’alto artigianato italiano (le mani che danno corpo alle idee di Barbara sono tutte “a km 0”) nella visione di un’artista contemporanea che contamina ogni forma di espressione: “Per me una foto, un abito, un gioiello sono solo modalità diverse che ubbidiscono alla medesima necessità: raccontare me stessa e dare corpo alle immagini che mi abitano”. Una visione catartica dell’arte sartoriale? Forse, ma in ogni caso sempre ancorata alla realtà di una donna ultra-perfezionista che cura i suoi progetti personalmente, in ogni dettaglio: Barbara è ufficio stampa, responsabile fornitori, stylist, fotografa, social media manager, stilista e molto altro per Puella. Ne è la madre e l’amante, poiché vi si dedica anima e corpo.

Un bijou (a sx) e un abito-poesia (a dx) Puella
Piccola biografia inutile
Di fronte a progetti così radicati e riusciti, a volte risulta superfluo citare nomi e date, sebbene di una certa levatura. Ma ho pensato che ripercorrere brevemente alcuni momenti della vita di Puella possa essere utile per capire come anche immaginari diversi da quelli oggi dominanti trovino spazi di qualità (di alta qualità) nel mondo della moda.
Dopo una laurea in storia dell’arte, una ventina di anni fa il sogno di Puella approda a Milano, racchiuso in un book e in un piccolo campionario, che Elio Fiorucci apprezza fin dal primo sguardo, tanto da offrirle un corner per le sue borse nel celebre concept store di p.zza San Babila. Nei primi anni 2000 è la volta della boutique milanese Cavalli e nastri, in Brera, dove le creazioni di Puella vengono notate dalle stylist di Elle e Cosmopolitan, che le scelgono e le pubblicano sui loro magazine (seguiranno anche articoli su Marie Claire, Vogue Bambini, Glamour, AD, Drome, L’Officiel, Milk, Papier Mache, D, Doolittle). Nel 2010, crea la linea “petite” dedicata alle bambine, con la quale viene selezionata da Pitti Immagine, Vogue Bambini e Alta Roma tra i finalisti della prima edizione del concorso “Who is on next”. La prima collezione di Puella petite è presentata a Pitti Bimbo e Playtime Paris nel gennaio 2011 ed è presente alle più importanti fiere internazionali da quattordici stagioni consecutive.

Bijoux Puella

Ricami Ex voto pagano Puella

Collana Puella
Puella
profilo Instagram (consigliatissimo!)
Le bellissime fotografie a corredo dell’articolo sono state realizzate e gentilmente messe a disposizione da Barbara Barbantini.
Sara Radaelli